Ciuccio neonato, sì o no? Il parere degli esperti su benefici, rischi e come orientarsi

Chi ha un neonato lo sa: ogni giorno è una scoperta, ma anche un piccolo interrogativo. E uno dei più frequenti è proprio questo: il ciuccio, lo do o non lo do?

Non sembra una scelta drammatica. Eppure, se ne parla in ogni gruppo di mamme, su ogni forum, nei corridoi degli ambulatori pediatrici. Qualcuna lo propone dal primo giorno, altre lo evitano come fosse una minaccia. C’è chi non può farne a meno, e chi si vanta di averlo eliminato a otto mesi. Ma al di là delle opinioni personali, cosa dicono i medici?

Beh, non c’è una risposta unica. Non esiste un sì o un no assoluto. Come spesso succede quando si parla di bambini, tutto dipende da come, quando e perché.

Quando il ciuccio può davvero servire

Alcuni neonati, appena nati, hanno un riflesso di suzione molto forte. Cercano il seno anche se hanno già mangiato. Succhiano il dito, il lenzuolo, qualsiasi cosa. Non lo fanno per fame: lo fanno per calmarsi. Per questi bambini, il ciuccio può essere un sollievo vero.

Aiuta a dormire. Rasserena in momenti di nervosismo. Rende più gestibili i primi viaggi, le attese in sala d’aspetto, i pomeriggi più agitati. Ci sono neonati che sembrano non averne bisogno e altri che lo cercano spontaneamente. Ogni piccolo ha la sua strada.

In alcuni casi, gli studi hanno addirittura ipotizzato che l’uso del ciuccio durante il sonno possa ridurre certi rischi, come la SIDS. Ma non è una regola, né una garanzia. È un elemento in più da considerare, tutto qui.

Ciuccio e allattamento: attenzione ai tempi

Il vero punto critico, dicono i pediatri, è quando si offre il ciuccio. Nei primissimi giorni di vita, il neonato sta ancora imparando a coordinare la suzione. E se si inserisce il ciuccio troppo presto, può confondersi. Il movimento che richiede non è lo stesso del seno. E il rischio è che poi faccia fatica ad attaccarsi bene, a stimolare la montata lattea, a nutrirsi come dovrebbe.

Per questo motivo, chi desidera allattare al seno viene spesso invitata ad aspettare un po’. Qualche settimana, giusto il tempo che il bambino si abitui al seno e che la produzione di latte si stabilizzi. Dopo, se si decide di introdurlo, può essere fatto con maggiore serenità.

Naturalmente ci sono eccezioni. Ogni allattamento è una storia a sé. E ogni madre sa, dentro di sé, quando qualcosa sta funzionando oppure no.

E poi… fino a quando usarlo?

Altro tema caldissimo: il momento del distacco. Per quanto tempo è giusto tenerlo?

Qui il parere degli esperti è più uniforme. Tenere il ciuccio oltre i due anni, o peggio ancora oltre i tre, può interferire con lo sviluppo del palato. I denti si spostano, la mandibola cambia assetto. E non è solo un discorso estetico, ma anche funzionale.

L’ideale sarebbe toglierlo gradualmente tra i diciotto mesi e i due anni. Ma farlo con dolcezza, senza trasformare la cosa in una lotta. Alcuni bambini lo lasciano da soli. Altri fanno resistenza. Dipende anche da come lo si è usato: se era una coccola saltuaria o una presenza costante.

Importante non sostituirlo subito con altri oggetti, ma con gesti. Con tempo condiviso. Con parole. Il passaggio, in fondo, è più emotivo che pratico.

Nessun manuale, solo ascolto

La verità è che non c’è una regola universale. Il ciuccio, come tante altre cose nel mondo dell’infanzia, è uno strumento. Non è giusto né sbagliato in sé. Conta il modo in cui lo si inserisce nella vita del bambino.

C’è chi se ne serve con misura e trova un grande equilibrio. E c’è chi, magari, lo usa per tappare ogni pianto, perdendo l’occasione di capire cosa c’è dietro quel bisogno. Ma non bisogna giudicare, né se stessi né gli altri.

Ogni genitore naviga come può, tra istinto e fatica. E ogni bambino comunica a suo modo. L’unico vero consiglio, forse, è quello più semplice: osservare, ascoltare e fidarsi un po’ anche di sé.

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