Inclusione, voce e presenza: la visione di Anna Fusco per un coaching che abbatte barriere

Anna Fusco, nata a Roma, è una figura poliedrica: coach professionista (life, sport e business), artista, attivista e modello di inclusione. Dopo essere stata finalista regionale di Miss Italia e aver sfilato alla Milano Fashion Week, è diventata una voce autorevole nel promuovere la comunicazione inclusiva e il superamento dell’abilismo attraverso la sua esperienza personale.

Con oltre 12 anni di esperienza aziendale alle spalle, Anna è specializzata in Diversity & Inclusion. Nel suo coaching:

  • Trasforma “disabilità” in valore, lavorando sui limiti mentali per promuovere l’autoefficacia e il potenziale unico di ciascuno
  • Utilizza esercizi empatici e role-playing per far vivere ai team l’esperienza “nei panni dell’altro”, rompendo pregiudizi e costruendo dialogo reale

La sua disabilità, sin dal giorno della nascita, è stata agonizzata non come limite, ma come leva per spingere la sua crescita personale. Da adolescente in lotta con l’accettazione di sé, Anna ha poi trasformato ogni sfida in opportunità: canto, recitazione, modelle, cortometraggi, testimonial in scuole e aziende, fino a diventare coach certificata nel 2020. 

Oggi abbiamo il piacere di averla come ospite in questa bella intervista in cui ci racconta un po’ di lei. Eccola a voi!

Nel tuo lavoro come coach aziendale, metti al centro la comunicazione inclusiva e il dialogo con la disabilità. Come riesci a creare spazi in cui tutte le voci possano davvero emergere e contare?

“Il coaching è un metodo che aiuta le persone a raggiungere i loro obiettivi, il loro futuro desiderato attraverso le loro potenzialità personali. Per il coach ogni cliente è unico e le emozioni sono utilizzate come strumenti per valorizzare le capacità e aumentare l’autoefficacia. 

Questo è un metodo che può essere applicato al singolo come al team. Per quanto riguarda il coaching aziendale si tratta di un lavoro che va a motivare prima il singolo e poi di nuovo il singolo all’interno del team per poter creare relazioni interpersonali sane e costruttive. 

Mi occupo principalmente di formazione aziendale D&I (diversity e inclusion). Questa formazione, attraverso la mia esperienza vissuta in 12 anni d’azienda, attraverso anche i miei studi ed il mio percorso personale su cui ho lavorato al 100%, mi permette di favorire l’inclusione aziendale facendo passare il messaggio che i limiti possono essere esclusivamente mentali e disfunzionali e vado a promuovere le abilità e non le “disabilità” di ognuno di noi. 

All’interno di un lavoro di squadra è importante che a ognuno venga data la possibilità di esprimere i propri talenti unici che insieme possono dar vita ad idee e progetti costruttivi e autentici. Faccio ciò anche mettendo le persone nei panni degli altri utilizzando esercizi specifici mirati sul caso che aiutano il team a identificarsi e a sviluppare la propria empatia e comunicazione efficace tra i membri. Il messaggio più importante però è capire e comprendere fin dove l’altro può spingersi impostando anche dei confini funzionali.”

Hai partecipato ad eventi teatrali e sfilate inclusive che mettono in scena corpi, storie e unicità diverse. In che modo queste esperienze ispirano e influenzano il tuo lavoro di coaching?

“Le mie esperienze con il mondo artistico sono la prova vivente che ognuno di noi possa farcela. Può raggiungere i propri sogni o obiettivi nonostante le difficoltà. 

E’ stato proprio questo mondo che mi ha permesso di avvicinarmi al coaching. Le persone hanno iniziato a contattarmi complimentandosi e ringraziandomi del fatto che grazie a ciò sono riuscite ad “automotivarsi” per non mollare e continuare a crederci. 

Da lì sono stata scelta più volte come speaker motivazionale agli eventi portando la mia storia, la mia vita senza tabù dando così la possibilità a chiunque di potersi aprire e di non vergognarsi di se stessi o dei propri limiti. 

Sentivo dentro di me la necessità e la responsabilità di dover intervenire perché forse qualcosa di buono per gli altri lo stavo facendo. Lo stavo creando. Tutto ciò è diventato il mio stato di flow. Mi sono certificata come coach professionista nel 2020. 

Mi sono specializzata in più settori (life, sport, business) negli anni successivi. La verità però è che non si smette mai di studiare, di imparare. 

Ogni anno seguo almeno 4 corsi di aggiornamento. Lo faccio con passione e con tanta curiosità. Il mio percorso artistico è diventato dunque uno strumento, e funziona davvero. 

Ma per arrivare sino a qui, c’è stato davvero tanto da vivere. Nel bene e nel male. Siamo umani, non siamo nati per essere perfetti. Siamo nati per vivere, per credere, per sbagliare, per amare. Amare prima di tutto noi stessi per poter amare in maniera autentica gli altri. Ricordiamoci sempre che chiedere aiuto è il più grande atto di forza che possa esserci.“

Quali sono le principali resistenze che incontri nel contesto aziendale quando si parla di inclusione e disabilità? E quali sono invece le aperture più promettenti?

“Le resistenze che incontro in realtà alle volte si nascondono per poi fuoriuscire sempre. 

Questo accade spesso quando manca una comunicazione efficace tra le parti. Se una persona con disabilità ed una persona normodotata creano pregiudizi a prescindere dal dialogo, c’è un effettivo problema di comunicazione. 

A me piace lavorare alla pari, proprio perché siamo tutti uguali. Nessuno è più e nessuno è meno. Cerco in primis, tramite domande maieutiche (brevi e mirate) di far comprendere la posizione e le ragioni delle parti. 

Dopo di che porto ad una conoscenza mirata tra le parti, continuo con esercizi mirati che vanno a “scambiare” la propria difficoltà e far calare nei panni dell’altro svolgendo il lavoro di tutti i giorni. 

Questa è la parte più efficace che porta ad uno sblocco reale delle proprie convinzioni disfunzionali. Miro a tirar fuori il talento, perché è questo che serve nell’ambito aziendale, non altro. Miro alla scoperta tra le parti. Porto a valorizzare l’unicità di ognuno. Quando tutto ciò porta ai risultati sperati, il resto viene da sé. E’ la percezione che abbiamo degli altri che alle volte porta a dei limiti lavorativi e dunque crea limiti nel lavoro in team.”

Cosa diresti oggi a una persona con disabilità che vuole proporsi nel mondo del lavoro ma ha paura di non essere compresa o accettata?

“La prima cosa che farei è cercare di farle capire quali sono i suoi limiti. Perché i limiti che vediamo di noi stessi non è detto che siano visti allo stesso modo anche nel mondo del lavoro. 

La cosa più utile per superare una difficoltà è viverla. Se non la vivi, non potrai mai sapere quali limiti tu possa effettivamente avere e quali no. Poi da lì, si possono creare piani d’azioni mirati per poter lavorare al meglio per te e poi con gli altri. Dipende tutto da noi, e non dalla disabilità o danna normoabilità.“

Per scoprire di più visita il profilo ufficiale: https://www.instagram.com/fusco_anna_/
Visita anche il sito web: https://annafuscocoach.it/ 

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