Valentina Cristiani è una donna che non ha mai avuto paura di dire le cose come stanno. Con un passato e un presente nel mondo della comunicazione e un presente da attivista culturale, Valentina è l’anima e la mente dietro “Non chiamateci quote rosa”, un progetto nato sui social e diventato libro – pubblicato da Pathos Edizioni – che raccoglie storie di donne forti, competenti, determinate.
Il suo impegno non è solo narrativo: sociale e profondamente umano. Attraverso le parole, Valentina costruisce spazi di consapevolezza, rompe stereotipi e mette al centro un messaggio chiaro: non siamo qui per riempire caselle, ma per prenderci il posto che ci spetta, con merito.
Nel suo profilo Instagram @valentina.cristiani81 e nel progetto parallelo @non_chiamateci_quote_rosa, Valentina dà voce a esperienze reali, spesso invisibili, che raccontano quanto ancora ci sia da fare – e quanto già si stia facendo – per abbattere barriere e pregiudizi di genere.
Oggi, la sua è una testimonianza potente di come la scrittura, la rete tra donne e la voglia di cambiare le cose possano trasformarsi in uno strumento collettivo di liberazione. E oggi la nostra ospite in questa bellissima intervista.
Il tuo profilo e il progetto “Non chiamateci quote rosa” raccontano di donne che si fanno spazio, senza elemosinare attenzione. Cosa ti ha spinto a creare questa iniziativa e a trasformarla in un libro corale?
“Il mio libro inchiesta “Non chiamateci quote rosa” nasce dalla volontà di dare voce a un fenomeno troppo spesso taciuto o sottovalutato: le discriminazioni, i pregiudizi e le violenze di genere subite dalle giornaliste sportive in Italia. L’idea prende forma da un’esigenza sempre più pressante di denunciare le difficoltà che le professioniste del settore incontrano quotidianamente, dal sessismo più velato alle aggressioni verbali e fisiche, fino alle disparità salariali e alle opportunità di carriera negate.
L’iniziativa ha preso il via con una ricerca approfondita e capillare, contattando e raccogliendo le testimonianze di ben 40 giornaliste sportive. Questo processo non è stato semplice, in quanto molte di loro hanno inizialmente manifestato timore nel condividere esperienze così personali e spesso dolorose, per paura di ripercussioni professionali o di essere ulteriormente esposte. Tuttavia, la consapevolezza dell’importanza del progetto e il desiderio di contribuire a un cambiamento hanno prevalso, portando alla luce un quadro agghiacciante e dettagliato delle loro sfide.
Il titolo stesso, “Non chiamateci quote rosa”, è un manifesto programmatico. Sottolinea il rifiuto di essere percepite come semplici “quote” o figure decorative inserite per obbligo, e rivendica il riconoscimento del loro valore professionale, delle loro competenze e del loro diritto a operare in un ambiente paritario e rispettoso.
Il progetto ha acquisito ulteriore forza e risonanza grazie alla partecipazione di due figure di spicco del giornalismo sportivo italiano. La prefazione è stata curata da Giorgia Rossi, volto noto e apprezzato, che ha da subito sposato la causa, apportando la sua autorevolezza e sensibilità al tema. L’introduzione, invece, è opera di Paola Ferrari, pioniera e icona del giornalismo sportivo femminile, la cui lunga esperienza e la sua riconosciuta determinazione hanno fornito un’apertura potente e significativa al volume.
Attraverso queste pagine, “Non chiamateci quote rosa” non è solo un atto di denuncia, ma anche un invito alla riflessione e all’azione, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulle disparità di genere nel mondo del giornalismo sportivo e di contribuire a creare un ambiente di lavoro più equo e inclusivo per le future generazioni di giornaliste.”
Qual è stata la reazione più forte, positiva o negativa, che hai ricevuto da quando hai iniziato a parlare di donne, merito e rappresentazione?
“La reazione negativa più forte al libro “Non chiamateci quote rosa” è stata l’accusa di “inconsistenza” o “disarmante superficialità” mossa da chi, per lo più Uomini ma non esclusivamente, ha tentato di minimizzare o negare la gravità delle discriminazioni raccontate.
Questo tipo di critica ha mirato a sminuire la credibilità delle testimonianze delle giornaliste sportive, suggerendo che le loro esperienze non fossero rappresentative o fossero addirittura esagerate. In tal modo, ha indirettamente perpetuato il problema del sessismo, ostacolando il riconoscimento e il dibattito sulle sfide reali affrontate dalle donne nel giornalismo sportivo. Positivo invece il supporto di colleghe / istituzioni per portare il libro e le sue tematiche all’interno delle scuole con incontri formativi rivolti ai giovani studenti.”
Nel libro troviamo voci e storie molto diverse tra loro: c’è una testimonianza che ti ha colpito in modo particolare? Perché?
“Mi ha colpita particolarmente la testimonianza di Chiara Sani, una figura poliedrica nel mondo dello spettacolo italiano: conduttrice, inviata, attrice e regista. Chiara si è raccontata senza filtri riguardo ai pregiudizi che ha dovuto affrontare intraprendendo la carriera di regista, semplicemente perché donna.
Con la sua innata ironia, autoironia e simpatia, ha condiviso esperienze illuminanti. Come inviata, si sentiva spesso domandare chi si sarebbe occupato del montaggio del suo servizio, dovendo insistere e ribadire di essere lei stessa a occuparsene. A ciò si sono aggiunte “proposte indecenti” che, purtroppo, le sono costate più volte il posto di lavoro.
La sua storia, una delle tante, è un potente monito su quanto sia ancora difficile, per molte donne, farsi strada e veder riconosciute le proprie competenze in ambienti dove il genere può ancora diventare un ostacolo.”
Cosa diresti oggi a una ragazza che si sente ancora messa “da parte” o sottovalutata per il solo fatto di essere donna?
“Essere sottovalutate o discriminate sul lavoro a causa del proprio genere è una sfida che molte donne purtroppo affrontano tutt’oggi. È fondamentale sapere che non si è sole e che esistono strategie per affrontare queste situazioni. Alcuni consigli pratici:
1. Riconosci e documenta l’accaduto
- Identifica la discriminazione: A volte è difficile distinguere tra una dinamica lavorativa complessa e un vero e proprio atto discriminatorio. Cerca schemi ricorrenti: vieni interrotta più spesso? Le tue idee vengono ignorate e poi riproposte da colleghi uomini e accettate? Ti vengono affidati compiti meno significativi rispetto ai tuoi colleghi a parità di ruolo?
- Tieni un diario: Annota date, orari, descrizioni dettagliate degli episodi, chi era presente e qualsiasi testimone. Conserva email, messaggi o altri documenti che possano supportare le tue affermazioni. Questa documentazione sarà cruciale se deciderai di intraprendere azioni formali.
2. Rafforza la tua posizione
- Eccelli nel tuo lavoro: Concentrati sull’essere eccezionale in ciò che fai. Un rendimento eccellente e risultati misurabili sono la tua migliore difesa e un’arma potente contro i pregiudizi
- Comunica i tuoi successi: Non aspettare che gli altri riconoscano il tuo valore. Sii proattiva nel presentare i tuoi successi ai tuoi superiori e colleghi. Metti in evidenza i risultati ottenuti, i progetti completati con successo e il tuo contributo tangibile all’azienda.
- Sviluppa nuove competenze: Investi nella tua crescita professionale. Acquisire nuove competenze o perfezionare quelle esistenti ti renderà ancora più indispensabile e sicura di te.
3. Costruisci una rete di supporto
- Cerca alleate e alleati: Connettiti con altre donne nella tua azienda o nel tuo settore. Creare una rete di supporto può offrirti nuove prospettive e l’opportunità di condividere esperienze e strategie. Anche gli uomini alleati possono essere preziosi nel promuovere un ambiente di lavoro equo.
- Networking esterno: Partecipa a eventi di settore, conferenze e gruppi professionali. Questo ti aiuterà a espandere la tua rete, a conoscere le tendenze del settore e a esplorare nuove opportunità.
4. Affronta la situazione in modo proattivo
- Comunica in modo assertivo: Quando ti senti sottovalutata o discriminata, affronta la situazione direttamente ma professionalmente. Esprimi il tuo punto di vista in modo chiaro e calmo. Ad esempio, se vieni interrotta, puoi dire: “Vorrei finire il mio pensiero, per favore” o “Come stavo dicendo prima…”.
- Chiedi feedback: Chiedi regolarmente feedback sul tuo lavoro ai tuoi superiori. Se il feedback è vago o ingiusto, chiedi esempi specifici e suggerimenti su come migliorare. Questo può aiutarti a identificare se il problema è la performance o il pregiudizio.
- Conosci i tuoi diritti: Informati sulle politiche aziendali in materia di diversità e inclusione e sulle leggi contro la discriminazione sul lavoro nel tuo paese. Questo ti darà maggiore sicurezza nel caso in cui tu debba intraprendere azioni formali.
5. Considera le opzioni formali
- Parla con le risorse umane (HR): Se la situazione persiste e senti che le tue preoccupazioni non vengono prese sul serio, considera di rivolgerti al dipartimento HR. Presenta la tua documentazione e spiega chiaramente la situazione.”
Link utili:
Profilo ufficiale Valentina:
https://www.instagram.com/valentina.cristiani81/
Profilo ufficiale “Non chiamateci quote rose”:
https://www.instagram.com/non_chiamateci_quote_rosa/
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